Il trattamento con terapie CAR-T, seppur abbiano dimostrato una buona efficacia ed ottimi risultati sulla sopravvivenza, possono comportare diversi eventi avversi come la sindrome da rilascio di citochine (CRS) che, se non immediatamente riconosciuta e trattata, può avere esiti mortali. Inoltre, in seguito a eventi di CRS, circa un terzo dei pazienti viene colpito da una sindrome neurotossica definita sindrome delle neurotossicità correlate alla terapia con CAR-T (ICANS) della quale non si dispongono ancora molte informazioni circa l’origine ed il meccanismo.
Nasce da qui l’idea di realizzare uno studio per individuare un biomarker in grado di predire ed evitare tali eventi avversi. Da tale studio, condotto all’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova dal Professor Emanuele Angelucci in collaborazione con la Professoressa Silvia Morbelli, è emerso che l’utilizzo della PET cerebrale in aggiunta alla PET total body, già indicata come screening pretrattamento in pazienti affetti da linfoma, è in grado di predire la possibilità o meno che si verifichino gli eventi avversi sopracitati. Tramite le immagini della Pet al cervello i ricercatori hanno individuato una specifica firma, legata al metabolismo cerebrale, indicativa della presenza di CRS e ICANS. Ciò consente potenzialmente di selezionare in modo più efficace i pazienti per cui la terapia CAR-T presenta maggiori rischi di neurotossicità. E se confermata in successivi studi potrà servire da biomarcatore precoce e prognostico.
Lo studio ha coinvolto 21 pazienti affetti da linfoma a grandi cellule B complessivamente, di cui 16 hanno sviluppato CRS e 5 ICANS. Tramite le PET i ricercatori hanno individuato una sofferenza metabolica, definita ipometabolismo, in tutti i pazienti che hanno manifestato l’evento avverso. I risultati, quindi, sembrano confermare che l’uso della PET cerebrale sia efficace nel prognosticare eventuali predisposizione a eventi avversi gravi come la CRS e ICANS nei pazienti trattati con le CAR-T, andando a migliorare nettamente la prognosi e la qualità della vita.
Fonte: Repubblica